di Celeste Pesce*
1. Nel pomeriggio dell’8 maggio 2020, l’Eurogruppo ha raggiunto l’intesa sulle condizioni di sostegno alla crisi pandemica chiarendo, tra l’altro, le modalità di ricorso al MES (Meccanismo Europeo di stabilità, comunemente conosciuto come Fondo salva-Stati).
In dettaglio, è stato fissato al 2% del Pil (2019) l’uso della linea di credito. L’unico requisito per accedervi è l’impegno degli Stati UE richiedenti a destinare le risorse ricevute al finanziamento nazionale dell’assistenza sanitaria diretta e indiretta, ai costi relativi alla cura e alla prevenzione dovuti al COVID-19.
Piena coralità, dunque, nell’interpretare il concetto di “costo sanitario” in maniera piuttosto ampia. È, altresì, stata prevista una maturità dei prestiti a 10 anni e un tasso d’interesse bassissimo, poco sopra lo 0,1% annuo. Ancora, è stata garantita celerità di funzionamento e finanziamento, attesa la disponibilità dei fondi già da metà maggio 2020. È stato allungato, al 31 dicembre 2022, il termine entro cui richiedere sostegno finanziario, salva la possibilità di proroga ad opera del Consiglio dei governatori del MES.
Dal punto di vista operativo, l’Eurogruppo ha concordato sulle competenze spettanti alle istituzioni individuate nel MES su valutazioni preliminari di sostenibilità del debito, esigenze di finanziamento, rischi di stabilità finanziaria, nonché su criteri di ammissibilità per l’accesso al fondo.
Più in generale, è stato riconosciuto agli organi direttivi del MES la possibilità di approvare i piani di risposta pandemica, le decisioni di concessione dell’assistenza finanziaria e gli accordi sulle relative strutture, in conformità all’articolo 13 del trattato in questione.
Allo stesso modo, spetterà al MES implementare il sistema di allarme rapido per garantire il rimborso tempestivo del sostegno alla crisi pandemica. E al Consiglio dei governatori adottare, entro i primi giorni di giugno 2020, una risoluzione che confermi i termini raggiunti dall’Eurogruppo dell’8 maggio e che renda pienamente efficaci le disposizioni del trattato MES così riviste.
2. Occorre ricordato brevemente che il MES è un trattato internazionale firmato, nel 2012, dai Paesi UE che adottano l’euro, con l’obiettivo di dare assistenza ai Paesi dell’Eurozona in difficoltà finanziarie e raccogliere fondi per tale finalità (art. 3 MES).
Il MES è gestito da un Consiglio dei Governatori costituito dai ministri delle finanze dell’Eurozona, oltre che da un Consiglio di Amministrazione. Fanno parte del Meccanismo anche un Direttore Generale, il commissario europeo agli Affari economico-monetari e il Presidente della BCE (questi ultimi due come osservatori).
Attraverso tale sistema si possono concedere linee di credito, acquistare titoli di Stato, fornire assistenza finanziaria, intervenire sulla ricapitalizzazione di banche e istituzioni finanziare.
Per beneficiare dell’aiuto è sufficiente una richiesta di assistenza avanzata dallo Stato in dissesto economico al Presidente del Consiglio dei governatori il quale, ricevuta l’istanza, chiede alla Commissione UE di valutare lo stato di salute del Paese e definirne il fabbisogno finanziario. In questa fase, la Commissione e la BCE (e se necessario il FMI) analizzano anche l’eventuale pregiudizio all’Eurozona. All’esito di tali valutazioni, l’organo plenario del MES può decidere, a maggioranza semplice o qualificata, di agire erogando prestiti al Paese in difficoltà.
È il caso di sottolineare la celerità con cui si decide sull’istanza: circa 7 giorni dalla data di presentazione della richiesta formale di assistenza. Tale rapidità (assieme ad altri profili operativi del trattato MES) rivela la volontà solidaristica insita nel MES: gli Stati UE intendono supportare finanziariamente chi fra loro versa in crisi finanziaria, portando le valutazioni e le determinazioni fuori dalla macchina legislativa e burocratica dell’Unione che potrebbe rallentare la decisione e/o l’accreditamento delle somme. In altri termini, per volontà degli Stati UE, il meccanismo di salvezza finanziaria dell’eurozona segue regole proprie del diritto internazionale ed è collocato a latere dell’Unione. Se ne rimette, cioè, l’operatività ad una (nuova) organizzazione internazionale e a procedure più snelle e rapide.
A fronte degli aiuti così erogati, gli Stati beneficiari attuano specifici piani di risanamento economico basati sulla sostenibilità del debito pubblico.
3. L’accordo dell’8 maggio apporta sostanziali deroghe al funzionamento del MES succintamente esposto. Difatti, gli Stati della zona euro potranno attivare il MES e ottenere fino al 2% del loro Pil con scadenze e interessi molto favorevoli, sotto l’egida di una sorveglianza semplificata e con l’unica condizionalità della destinazione delle somme alle spese sanitarie dirette e indirette.
Altrimenti detto, il monitoraggio è circoscritto esclusivamente alle spese sanitarie dirette e indirette finanziate con i fondi MES nel quadro del semestre europeo di sorveglianza delle politiche di bilancio. Viceversa, non sono previsti programmi di aggiustamento macroeconomico; cadono i legami con la Troika e, dunque, le remore all’uso del meccanismo legate agli oneri di rendicontazione analitica dell’impiego delle risorse. Preoccupazione, probabilmente, imputabile all’esperienza greca o, ancor di più, al peso della burocrazia nazionale e/o al perpetrarsi di quelle prassi e “politiche” poco rigorose che in passato hanno dato brutta prova di sé. Basti qui citare la gestione dei fondi europei che ha fatto registrare mala gestio e, più in generale, abbondanza di elasticità (ai limiti della liceità) nell’interpretazione dell’obbligo di destinazione delle somme europee. O, semplicemente, tutte quelle politiche (più) concentrate su logiche demagogiche di rafforzamento del consenso (elettorale e non).
Eppure i vincoli di destinazione potrebbe (finalmente) archiviare clientelismi, collateralismi e simili.
Più in generale, la rendicontazione e/o i piani strutturali necessari non dovrebbero preoccupare né spaventare i Paesi responsabili e virtuosi nel piano di risanamento. La politica interna dovrebbe guardare a questo momento di crisi come ad una risorsa, un’opportunità unica (e speriamo irripetibile) per governare virtuosamente una ripresa null’affatto semplice. Senza aggiungere poi che mostrare che non si temono le verifiche, ovviamente ragionevoli, rafforzerebbe la credibilità internazionale.
Ad ogni modo, la cifra del PIL per coprire i costi sanitari diretti e indiretti, unita all’unica condizionalità richiesta e alla rimozione di aggiustamenti macroeconomici, vale a dire riforme economiche a livello nazionale, vanno accolte con favore in quanto denotano scelte ragionevoli ed equilibrate oltre che sostenibili.
L’idea del ricorso al trattato internazionale MES così congeniata convince anche chi, fino a ieri, temeva i controlli ivi previsti (e i precedenti storici).
Non va, poi, dimenticato che il ricorso ad una linea di credito MES permette alla BCE di attivare lo scudo antispread, finora non azionato, cui ricorrere in caso di problemi sui mercati finanziari, nel momento in cui ci si indebita per fare fronte ai costi di questa crisi.
4.L’intento di creare una linea di credito agevolata del MES per contrastare il coronavirus è nata diverse settimane fa ed è confluita nel Consiglio europeo dello scorso 23 aprile.
Sebbene fosse abbastanza chiaro che le condizioni del MES avrebbero avuto un allentamento rispetto a quanto accaduto in passato, la Commissione ha voluto evidenziare e manifestare apertis verbis il proprio impegno sul rilassamento delle condizioni indirizzando, il 7 maggio 2020, una lettera ad hoc all’Eurogruppo. La volontà dell’Unione (Commissione) ivi espressa andava nella direzione di applicare un quadro di monitoraggio semplificato, limitato agli impegni dettagliati nel piano di risposta pandemica, proponendo la sospensione della maggior parte delle condizioni di accesso per la linea di credito del MES, con l’unica riserva detta dell’impiego delle risorse per coprire le spese sanitarie sostenute a causa della pandemia da coronavirus.
L’Eurogruppo, riunitosi l’8 maggio,ha prontamente e pienamente sposato la linea della Commissione, mostrando una certa sensibilità di ascolto istituzionale e capacità di andare oltre i limiti posti dai Trattati UE al pari di quanto stanno dimostrando le altre istituzioni UE (BCE, Commissione, Consiglio europeo etc.) in questa delicata fase di risposta alla crisi economica che preoccupa l’Eurozona. Ciò a riprova che l’Unione avalla soluzioni ben salde sulle circostanze attuali e sulla volontà di fare fronte al rischio di recessione in maniera comune e solidale.
Fermo restando il placet per le conclusioni dell’Eurogruppo dell’8 maggio, la missiva della Commissione rappresenta un documento di fondamentale importanza per il superamento della crisi in corso, ma soprattutto per la storia dell’Unione. Essa bene esprime, ancora una volta, quella solidarietà tanto auspicata ma che, allo stato, solo l’Unione è in grado di realizzare concretamente nelle azioni di risposta all’emergenza economica causata dal coronavirus. Allo stesso tempo, il tono solidaristico ivi presente spiega appieno il ruolo istituzionale della Commissione di cura e tutela dell’interesse dell’Unione, inteso come la traduzione del benessere dei cittadini UE in termini trasversali e “politici”. Parimenti, la risposta positiva dell’Eurogruppo prova l’efficienza e l’efficacia del dialogo (e dell’ascolto) interistituzionale europeo, difficilmente replicabile in contesti internazionali e/o nazionali (talvolta).
5. L’Unione sta dimostrando fermezza e consapevolezza nell’affrontare la crisi in corso. Pare, altresì, tangibile una presa di coscienza in seno agli Stati di avere dinanzi a sé una occasione unica per avviare e/o portare avanti la riflessione sulla opportunità (ai limiti della necessità) di dotare l’Unione di strumenti di politica economica comuni in grado di arginare fortemente il rischio che le differenze tra i Paesi si amplifichino a seguito e a causa della pandemia.
Parallelamente a ciò, resta, infatti, il nodo irrisolto della spartizione voluta dagli Stati in occasione del Trattato di Maastricht, tra politica monetaria, di esclusiva competenza dell’Unione, e politiche economiche rimaste nei confini statali salvo il coordinamento in seno al Consiglio. Questa divisione porta con sé delle difformità che la pandemia Covid19 ha portato alla luce con una certa forza. Difatti, l’Unione è in grado di salvaguardare la salute e la vita dei cittadini europei e di affrontare la sfida economica, gettando liquidità nei mercati finanziari. Ma ciò include riforme fiscali e strutturali che gli Stati membri devono pianificare a livello nazionale con lo stesso coraggio e la medesima ambizione che chiedono all’Unione. Il recupero dell’economia europea rappresenta una grande sfida per tutti e ciascuno degli Stati, prima, per l’Unione, poi.
L’accordo raggiunto dall’Eurogruppo dell’8 maggio 2020, sul MES testimonia la convinzione dell’Unione di spiegare sul pano istituzionale prima ancora che pratico (con una certa immediatezza) azioni condivise, comuni e solidali di contrasto alla crisi economica derivante dalla pandemia. Al tempo stesso, l’elasticità dell’Unione di modificare gli strumenti di salvataggio finanziario esistenti e di renderli funzionali al processo di integrazione europea, senza badare alla collocazione degli stessi al di fuori dei Trattati UE. Il tutto ben condotto sotto l’egida dei principi fondamentali dei Trattati costitutivi, in primis la solidarietà, riletti in maniera sapiente ed innovativa per fare fronte a sfide non paventate né paventabili all’epoca della stesura dei testi medesimi.
* Ricercatrice di Diritto dell’Unione europea, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”.