A. Correra – A. Veneziani[1]
Sommario: 1. Introduzione. – 2. Le azioni per il rilancio economico nel mercato interno. – 3. Le misure di assistenza finanziaria ai paesi partner dell’allargamento e del vicinato dell’Unione. – 4. Conclusioni.
1. Nella settimana del 70° anniversario della dichiarazione di Schuman che ha segnato l’inizio del processo di integrazione europea, assume un significato particolare la seduta del Parlamento europeo, del 15 maggio 2020, conclusasi con l’adozione di misure di rilancio dell’economia, nel contesto della crisi da Covid-19, ora più che mai, celebrative di quella “solidarietà di fatto” che essa evocava.
Come opportunamente sottolineato dal consesso, l’emergenza sanitaria, economica e sociale che l’Unione europea sta vivendo, impone alle istituzioni e agli Stati membri l’assunzione sinergica di decisioni espressione di quell’ambizione politica che caratterizzava la dichiarazione del 1950, affinché le azioni e la leadership europee siano realmente rappresentative delle istanze dei cittadini dell’Unione.
In tal senso, il PE ha opportunamente affermato che le misure per la ripresa devono essere connotate da una forte dimensione sociale, affrontare le disuguaglianze sociali ed economiche e le esigenze di quanti sono stati più duramente colpiti dalla crisi, nel quadro di una strategia che si fondi sul metodo comunitario e non sul ricorso a strumenti intergovernativi.
In questa ottica, la solidarietà costituisce la chiave di volta dell’intero sistema e la fonte d’ispirazione di soluzioni collettive e multilaterali, che coinvolgano anche i partner internazionali, nell’interesse comune e nel segno di una rinascita collettiva.
2. Sulla base di queste premesse, il Parlamento europeo, in seguito agli impegni già assunti il 17 aprile 2020 in relazione all’azione coordinata dell’UE per lottare contro la pandemia di Covid-19 e le sue conseguenze[2], ha approvato la risoluzione sulla revisione del bilancio UE successivo al 2020 e sulle proposte per la ripresa economica[3].
Al riguardo, preme ricordare che la Commissione europea dovrebbe presentare il 27 maggio prossimo una proposta di revisione del QFP e del Fondo di ripresa che tenga conto della crisi sanitaria e delle sue conseguenze.
Peraltro, in vista dell’approssimarsi della data del 31 dicembre 2020, che segna il termine di validità dell’attuale bilancio a lungo termine, è diventata impellente una nuova pianificazione di bilancio per i prossimi sette anni. Su questo profilo, si rammenta pure che, nonostante la Commissione UE abbia presentato le sue proposte per il prossimo QFP 2021-2027 nel maggio 2018[4] e che rispetto ad esse il Parlamento europeo ha già deliberato[5], il Consiglio non è ancora riuscito a trovare un accordo su una posizione comune.
Entro questo quadro, la risoluzione del PE assume i toni di un monito alla Commissione rispetto all’adempimento della missione che essa è chiamata ad esercitare nella formulazione di una proposta di revisione del QFP, nella misura in cui evidenzia che esso costituisce il principale strumento di bilancio attraverso cui l’Unione realizza le proprie ambizioni.
A tal fine, il consesso ha ricordato all’esecutivo UE l’importanza che, in ossequio al principio del controllo democratico, ha il suo coinvolgimento nell’adozione e nell’attuazione del QFP e del fondo per la ripresa e la necessità che nell’elaborazione di quest’ultimi si attenga ai canoni della coesione economica e territoriale, del dialogo sociale e della trasformazione verso un’economia resiliente, sostenibile, socialmente giusta e competitiva.
Pertanto, in linea con quanto già in parte anticipato nella risoluzione dello scorso 17 aprile, i parlamentari hanno ribadito l’opportunità di introdurre nuove “risorse proprie” dell’UE che evitino un ulteriore aumento dei contributi diretti da parte degli Stati membri al bilancio UE per soddisfare le esigenze del QFP e del Fondo per la ripresa e la trasformazione. Inoltre, in considerazione del fatto che il massimale delle entrate UE è espresso in RNL (Reddito Nazionale Lordo) che, a causa della crisi, potrebbe subire una significativa diminuzione, hanno chiesto “un aumento immediato e permanente del massimale delle risorse proprie”.
Ciò premesso, la risoluzione si sofferma in maniera incisiva sullo strumento verosimilmente più innovativo tra le proposte formulate negli ultimi mesi per il superamento della crisi da Covid-19, cioè il Recovery Fund, fornendo alla Commissione specifiche indicazioni in ordine alla sua funzionalità ed operatività.
In proposito, il PE ha insistito su alcuni punti fondamentali, anch’essi già parzialmente anticipati nel corso della precedente seduta. Dunque, ha sottolineato l’opportunità che il nuovo “fondo di ripresa e trasformazione” abbia una dimensione di 2.000 miliardi di euro, sia finanziato “attraverso l’emissione di obbligazioni a lungo termine”, sia erogato “attraverso prestiti e, soprattutto, attraverso sovvenzioni, pagamenti diretti per investimenti e capitale proprio”, e, ancora, abbia una durata commisurata all’impatto profondo e duraturo atteso dell’attuale crisi.
Il pacchetto di misure che la Commissione dovrà elaborare contribuirà a “trasformare le economie”, solo se sarà in grado di fornire un sostegno concreto alle PMI, “aumentando le opportunità di lavoro e le competenze per mitigare l’impatto della crisi sui lavoratori, sui consumatori e sulle famiglie”. In questa ottica, ha ribadito il PE, gli investimenti sulla base del Green Deal[6] e dell’Agenda digitale costituiscono una priorità assoluta, insieme con la creazione di un nuovo programma sanitario europeo[7].
Coerentemente con siffatte indicazioni, si legge nella risoluzione, la Commissione non dovrà utilizzare “dubbi moltiplicatori per pubblicizzare cifre ambiziose” e dovrà astenersi dal ricorrere a “sortilegi finanziari”, che rischierebbero di mettere in discussione la credibilità dell’UE.
Il piano di ripresa, così quantizzato, conclude la risoluzione, dovrà essere fornito in aggiunta al prossimo QFP e non a scapito dei programmi UE esistenti e futuri, sottolineando che il consesso non esiterà a ricorrere al proprio potere di veto, nell’eventualità in cui siffatte richieste non dovessero essere soddisfatte.
In vista della presentazione a breve da parte dell’esecutivo del piano di ricostruzione dell’economia, la risoluzione esaminata assume una importanza politica rilevante, non solo perché contribuisce alla definizione di un piano di ripresa rapida e di risorse immediate, ma anche per il messaggio che vuole veicolare nel senso della necessaria centralità dei meccanismi democratici nelle politiche dell’Unione.
Difatti, solo attraverso un confronto costruttivo con i cittadini UE e con le parti interessate, le future azioni dell’Unione potranno auspicabilmente tendere a rafforzare e approfondire la sua stessa legittimità democratica.
3. Parallelamente al piano per la ripresa economica del mercato interno dell’Unione, l’attenzione dell’assemblea si è, altresì, focalizzata sulla ricerca di strumenti idonei a dare un concreto sostegno ai paesi vicini ai confini dell’Unione, in coerenza con le politiche europee di allargamento e di buon vicinato.
Constatate le conseguenze dell’emergenza sanitaria e gli effetti dannosi che quest’ultima ha avuto sulla stabilità economica e finanziaria delle regioni limitrofe al territorio europeo, appare necessario un intervento rapido e deciso a sostegno di dieci paesi partner dell’Unione[8]. Proprio in considerazione di ciò, il Parlamento europeo ha adottato in prima lettura la risoluzione sull’assistenza macrofinanziaria ai paesi partner dell’allargamento e del vicinato dell’Unione nel contesto della crisi della pandemia da Covid-19[9].
Con tale misura – la cui cornice normativa si ricava dal combinato disposto degli artt. 8 TUE e 212 TFUE – l’Unione potrà sostenere la bilancia dei pagamenti di questi paesi, stabilizzarne le economie e, contestualmente, incentivare un programma sostanziale di riforme in aree di suo interesse strategico[10].
L’aiuto si sostanzia, in concreto, nell’erogazione diretta da parte della Commissione di finanziamenti provenienti dal bilancio dell’Unione. In quest’ottica, al fine di reperire tali risorse, la Commissione è autorizzata – per conto dell’Unione – a prendere in prestito sui mercati dei capitali o presso istituzioni finanziarie i fondi necessari e a prestarli ai paesi partner in difficoltà.
Tali prestiti di medio e lungo periodo[11] saranno gestiti dall’esecutivo UE in linea con gli accordi e le intese tra FMI ed il paese partner e saranno erogati solo a patto che quest’ultimo offra la garanzia di rispettare i valori fondamentali dell’Unione.
A ben vedere, l’erogazione di tali prestiti è subordinata ad una duplice condizione preliminare: difatti, il paese partner, non solo sarà tenuto a dare prova di rispettare, promuovere e salvaguardare la democrazia, i diritti umani e lo Stato di diritto; ma dovrà anche concordare con la Commissione condizioni di politica economica e finanziaria che assicurino l’apertura reciproca dei mercati e lo sviluppo di un commercio regolato ed equo da e verso l’Unione[12].
Nondimeno il controllo della Commissione non si esaurisce in tale riscontro preliminare, dovendo la stessa verificare, con l’ausilio del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), che le condizioni politico-economiche dell’accordo di prestito siano rispettate durante l’intero ciclo di assistenza macrofinanziaria dell’Unione.
In tal modo, nel caso in cui dovessero prodursi irregolarità o dovessero essere praticate frodi[13], o ancora, nell’ipotesi in cui il fabbisogno del paese partner dovesse diminuire, la Commissione potrà ridurre, sospendere temporaneamente o annullare la concessione del prestito.
Da quanto appena osservato, risulta evidente il ruolo che, ancora una volta[14], il metodo comunitario gioca – mediante azioni di cooperazione economica, finanziaria e tecnica – al fine di creare uno spazio condiviso di prosperità “che accompagni ed estenda le realizzazioni dell’Unione in un contesto più vasto dei suoi confini”[15].
4. La crisi socio-economica causata dalla pandemia di Coronavirus non ha risparmiato nessuno, mettendo alla prova le istituzioni in un modo che non conosce precedenti ed ha reso più vulnerabili anche i Paesi le cui economie apparivano più solide.
La complessità delle sfide globali a cui vanno incontro gli Stati membri e l’Unione nel suo complesso, richiede una lettura sapiente ed innovativa dei Trattati, accanto ad una unità d’intenti che – sintesi della feconda concordia discors tra interessi confliggenti degli Stati membri – renda l’Europa di oggi più forte e coesa di quella di ieri.
Ora più che mai, è tempo di misure ambiziose e “realizzazioni concrete” che sappiano riempire di contenuto l’essenza di quella solidarietà che settant’anni fa ha aperto la strada al processo di integrazione europea e che adesso è indispensabile per la sua sopravvivenza.
[1] Dottorandi di ricerca in diritto dell’Unione europea presso l’Università Parthenope di Napoli.
[2] Risoluzione del Parlamento europeo del 17 aprile 2020 sull’azione coordinata dell’UE per lottare contro la pandemia di COVID-19 e le sue conseguenze (2020/2616(RSP)). Per un primo commento, si rimanda a A. Correra, A. Circolo, A. Veneziani, Risoluzione del Parlamento europeo del 17 aprile 2020 sull’azione coordinata dell’Unione per lottare contro la pandemia di COVID-19 e le sue conseguenze: misure economiche, tutela dei valori fondanti, azione esterna, in comparativecovidlaw.it, 20 aprile 2020.
[3] Risoluzione del Parlamento europeo del 15 maggio 2020 sul nuovo quadro finanziario pluriennale, le risorse proprie e il piano di ripresa (2020/2631(RSP)).
[4] COM (2018) 322 – Proposta di regolamento del Consiglio che stabilisce misure di esecuzione del sistema delle risorse proprie dell’Unione europea.
[5] Risoluzione del Parlamento europeo del 14 novembre 2018 sul quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027 e del 10 ottobre 2019 sul quadro finanziario pluriennale 2021- 2027 e le risorse proprie.
[6] COM (2019) 640 – Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale europeo e al Comitato delle Regioni per un Green Deal europeo.
[7] Con riferimento all’azione coordinata dell’Unione in materia sanitaria, v. P. De Pasquale, La pandemia di Covid-19: il coordinamento alla prova dei fatti, in comparativecodivlaw.it, 18 aprile 2020.
[8] Tale misura coinvolge paesi partner dei Balcani occidentali candidati o prossimi candidati all’ingresso nell’Unione europea (Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Montenegro e Macedonia del Nord), paesi dell’Est europeo (Georgia, Moldavia, Ucraina) e altri che si affacciano sul Mediterraneo (Giordania e Tunisia).
[9] Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 15 maggio 2020 sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio sulla fornitura di assistenza macrofinanziaria ai paesi partner dell’allargamento e del vicinato nel contesto della crisi della pandemia di COVID-19 (COM(2020)0163 – C9-0119/2020 – 2020/0065 (COD)).
[10] Cfr. art. 212 TFUE: «[…] l’Unione conduce azioni di cooperazione economica, finanziaria e tecnica, comprese azioni di assistenza specialmente in campo finanziario, con paesi terzi diversi dai paesi in via di sviluppo. Tali azioni sono coerenti con la politica di sviluppo dell’Unione e sono condotte nel quadro dei principi ed obiettivi dell’azione esterna. Le azioni dell’Unione e degli Stati membri si completano e si rafforzano reciprocamente. Il Parlamento europeo ed il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano le misure necessarie per l’attuazione del paragrafo 1». È opportuno sottolineare l’importanza della scelta della base giuridica dell’art. 212 TFUE che coinvolge a pieno il Parlamento europeo: in situazioni di urgenza – come è certamente quello della pandemia che stiamo attraversando – l’art. 213 TFUE prevede infatti la possibilità per il Consiglio, su proposta della Commissione di adottare una decisione senza coinvolgere il PE. In proposito, si veda C. Rapoport, L’Union européenne, sa politique de voisinage et le conseil de l’Europe, in Cahiera de droit européen (2009).
[11] Si noti che la misura di assistenza macrofinanziaria dell’Unione prevede un importo massimo di 3 miliardi di euro (che variano dai 60 mln € per il Montenegro ai 1,2 mld € per l’Ucraina) ed una durata massima dei prestiti che è in media di 15 anni.
[12] Le condizioni politiche ed economiche sono contenute in un accordo di prestito (cd. loan agreement) tra la Commissione e le autorità di ciascun paese partner. Nell’accordo potranno essere specificate condizioni politico-istituzionali (es. il rispetto di meccanismi democratici effettivi, l’effettività di un sistema parlamentare multipartitico, o ancora un sistema di gestione delle finanze pubbliche efficiente, trasparente e rendicontabile) e condizioni economiche (es. la definizione di riforme strutturali tese a garantire la solidità del bilancio statale).
[13] Si segnala che nella lotta contro la frode, la corruzione od altre attività illegali che ledono gli interessi dell’Unione, la Commissione vigilerà in concerto con l’OLAF, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode. Saranno inoltre predisposte verifiche contabili da parte della Corte dei conti e l’esercizio delle competenze da parte della Procura europea.
[14] Esemplare in tal senso è lo stanziamento di 20 miliardi di euro per la lotta contro la pandemia nei paesi terzi partner dell’Unione (cd. Team Europe). Obiettivo del programma è quello di combinare risorse dell’Unione, degli Stati membri e delle istituzioni finanziarie europee al fine di aiutare i paesi più vulnerabili in Africa, in Medioriente, in Asia e nel Pacifico, in America Latina e nei Caraibi. Il programma si propone di intervenire, nel breve periodo, rispondendo all’emergenza sanitaria globale e mitigando le conseguenze socio-economiche della crisi; e, nel lungo periodo, rinforzando le infrastrutture idriche ed il sistema sanitario di questi paesi.
[15] Così G. Strozzi commentando la politica europea di buon vicinato ai sensi dell’art. 8 TUE, in A. Tizzano (a cura di), Trattati dell’Unione europea, (2014), p. 79.