A. Correra – A. Circolo – A. Veneziani*
Sommario: 1. Introduzione. – 2. Soluzioni europee per superare le conseguenze economiche e sociali. – 3. La tutela dei valori fondanti: l’ennesimo ruggito di una “tigre di carta”? – 4. Azione esterna, “diplomazia del coronavirus” e cooperazione internazionale. – 5. Conclusioni.
1. La straordinarietà degli eventi legati alla pandemia da COVID-19 ha profondamente cambiato la realtà del nostro e degli altri continenti. L’emergenza sanitaria è evoluta rapidamente e si è tradotta ben presto in urgenza economica e allarme sociale.
Sul versante europeo, come noto, ciò ha determinato l’assunzione di misure inedite, necessarie a mitigare gli effetti di una crisi che, ormai con maturata consapevolezza, produce risvolti devastanti rispetto ai quali nessun Paese può ritenersi immune.
Difatti, gli Stati membri hanno progressivamente realizzato quanto l’emergenza sia profonda per le economie di ciascuno e posizioni che appena un mese fa apparivano inconciliabili, sembrano negli ultimi giorni incontrare una timida composizione, se non altro nel riconoscere che la questione della ripartenza vada affrontata in modo coeso, se si vuole scongiurare una ulteriore frammentazione dell’Unione.
In tale contesto si è svolta, prima dell’atteso vertice del Consiglio europeo che si terrà tra qualche giorno, la sessione plenaria straordinaria del 16 e del 17 aprile del Parlamento europeo, all’esito della quale è stata adottata la risoluzione sull’azione coordinata dell’UE per lottare contro la pandemia di COVID-19 e le sue conseguenze.
Sebbene sia espressione di un mero atto di indirizzo non vincolante, è indubbio che essa assume una significativa portata politica, riassumendo in maniera esemplare i termini del dibattito che da settimane anima l’Unione e i singoli Stati membri.
Non a caso, nel testo appena approvato il PE, ribadendo il proprio ruolo di co-legislatore, di ramo dell’autorità di bilancio e di sola istituzione dell’Unione eletta a suffragio universale diretto, afferma la sua irrinunciabile centralità in tutte le discussioni dell’UE sulla crisi e sulla successiva ripartenza e approva misure di contrasto all’emergenza già prospettate nelle scorse settimane dalle altre istituzioni dell’UE.
Il documento assume chiaramente i toni di un monito rivolto a tutti gli Stati membri ad intraprendere una cooperazione più solidale e ad individuare risposte unitarie e congiunte alla crisi, nel rispetto dei diritti fondamentali e, soprattutto, nella consapevolezza che le scelte che seguiranno nei prossimi giorni saranno determinanti per il futuro dell’Unione[1].
2. In tale prospettiva, la risoluzione individua le misure economiche indispensabili al superamento delle difficoltà che l’Unione sta vivendo, mostrando in via preliminare apprezzamento per quelle che sono state sinora proposte e adottate dalle altre istituzioni dell’UE.
Il riferimento è innanzitutto alle numerose iniziative che sono state messe in campo dalla Commissione UE per preservare il corretto funzionamento del mercato interno dalle inevitabili turbolenze che lo stanno attraversando: dalle misure restrittive dei viaggi non essenziali verso l’UE[2], all’attivazione della clausola di salvaguardia generale del patto di stabilità e crescita, al nuovo quadro temporaneo sugli aiuti di Stato diretti ai settori produttivi maggiormente colpiti dagli effetti dell’epidemia da Coronavirus[3]. E sullo stesso trend al riconoscimento di margini di manovra nel segno della flessibilità a norma del quadro dell’UE in materia di appalti pubblici, per supportare gli Stati membri nella gestione dell’aumento della domanda di taluni beni e servizi, come dispositivi di protezione individuale e infrastrutture ospedaliere e informatiche, in un momento in cui determinate catene di approvvigionamento sono sospese[4]. Senza dimenticare gli interventi previsti nell’ambito del pacchetto di misure di politica monetaria presentato dalla BCE[5] e le risorse della BEI.
Pur riconoscendo il valore delle azioni sinora intraprese, la risoluzione va subito al cuore delle questioni su cui da giorni si sta consumando il più acceso confronto nei governi nazionali e afferma che, per realizzare gli investimenti necessari al superamento dell’emergenza, è necessario un massiccio pacchetto di ripresa e ricostruzione che potrà essere finanziato con un aumento del bilancio a lungo termine (QFP), con i fondi e gli strumenti finanziari esistenti, nonché con “recovery bond” garantiti dal bilancio dell’UE.
Tali strumenti, si legge nella risoluzione, non dovrebbero comportare la mutualizzazione del debito esistente, ma concentrarsi sugli investimenti futuri per il rilancio di un’economia che metta al centro della propria agenda il Green Deal e la trasformazione digitale.
Pertanto, pare evidente che al termine dei lavori siano prevalse diverse sensibilità, per cui il più ambizioso emendamento presentato nel consesso, in forza del quale «una quota sostanziale del debito emesso per contrastare le conseguenze della crisi della Covid-19» sarebbe stata «mutualizzata a livello dell’Unione», non è stato approvato.
Ciononostante, non può tacersi l’importanza che, anche alla luce della posizione emersa in seno al PE, avrà il prossimo quadro finanziario pluriennale dell’Unione nella ripresa economica. Il budget comune dell’Unione costituirà verosimilmente l’asse portante del rilancio dell’economia europea e su questo fronte sta lavorando la Commissione nella stesura della proposta del QFP 2021-2027.
Né va taciuta la rilevanza del voto positivo del consesso sulla piena flessibilità nell’utilizzo dei fondi strutturali per affrontare l’emergenza COVID-19. L’obiettivo è quello di garantire una flessibilità totale nell’uso delle risorse legate alla politica di coesione, di cui, si ricorda, l’Italia è il secondo beneficiario, con un parziale consolidamento di alcune delle flessibilità accordate nelle scorse settimane per consentire e accelerare la spesa delle risorse 2014-2020 ancora disponibili. Gli Stati membri, quindi, potranno trasferire risorse fra fondi diversi, regioni e settori.
La posizione emersa in senso al PE ha subito incontrato il favor dell’esecutivo dell’Unione che ha fatto notare che le misure approvate consentono un reindirizzamento senza precedenti dei fondi della politica di coesione per far fronte agli effetti della crisi della sanità pubblica.
Allo stesso modo, è assolutamente inedita la previsione di un fondo per la sanità all’interno del bilancio dell’UE, ovvero un fondo di rilancio solidale per espandere temporaneamente la capacità di azione dell’Unione a sostegno degli sforzi finanziari intrapresi da tutti gli Stati membri durante l’attuale crisi e nel periodo post-crisi.
Tra i temi più scottanti che rischiano di compromettere gli equilibri all’interno nell’Unione figura certamente il controverso fronte del Mes. In proposito, il Parlamento esorta gli Stati membri della zona euro ad attivare le risorse in dotazione al meccanismo, con una linea di credito specifica, ma ricorda che la crisi non è attribuibile alla responsabilità di un determinato Stato membro e che l’obiettivo principale è pur sempre quello di combattere le conseguenze della pandemia. Difatti, come misura a breve termine, il MES, nella veste rivisitata con condizionalità macroeconomiche più leggere, dovrebbe immediatamente estendere “le linee di credito precauzionali ai Paesi che chiedono di accedervi per far fronte alle esigenze di finanziamento a breve termine ed affrontare le conseguenze immediate della COVID-19, con scadenze a lungo termine, tassi competitivi e condizioni di rimborso connesse alla ripresa delle economie degli Stati membri”. Per accedere alla nuova linea di credito del MES è previsto che gli Stati si impegnino ad usarle per sostenere il finanziamento di spese sanitarie dirette o indirette (queste da interpretare in maniera ampia). In realtà, sembra che ci siano spazi di negoziazione sufficienti in seno al prossimo Consiglio europeo anche per quanto riguarda la scadenza del prestito – laddove questa soluzione fosse accettata – che dovrebbe essere più lunga dei due anni per ora stabiliti (al termine dei quali sembra difficile riuscire a rimborsare il debito).
A ben riflettere, il consesso si è preoccupato di mitigare le preoccupazioni espresse da taluni Stati membri che, come molti sapranno, hanno più volte manifestato una certa ritrosia nei confronti delle rigorose forme di condizionalità politica che accompagnano il programma di aggiustamento macroeconomico del Fondo salva Stati che, ora più che mai, rischierebbero di alimentare il debito pubblico e le disuguaglianze.
Nell’ottica della ripartenza, in ultimo, gli eurodeputati sottolineano l’importanza di trarre un insegnamento dalla crisi da Coronavirus, affermando l’opportunità di pianificare una strategia industriale fondata sul reintegro delle catene di approvvigionamento all’interno dell’UE e sull’incremento della produzione da parte dell’UE di prodotti che la crisi ha reso indispensabili, come medicinali, principi attivi farmaceutici, dispositivi medici e presidi sanitari. Solo in tal modo sarà possibile incrementare il mercato del lavoro e favorire lo sviluppo economico, escludendo ad un tempo la dipendenza da Paesi terzi per gli approvvigionamenti necessari che negli shock globali rischia di rendere il mercato europeo poco competitivo.
3. La risoluzione non si limita agli aspetti prettamente economici. Nei paragrafi immediatamente successivi (46-55), il Parlamento richiama l’attenzione sul rapporto tra contesto emergenziale e rispetto dei valori fondanti dell’Unione. Nello specifico, i parlamentari europei hanno chiesto alla Commissione e al Consiglio, nei limiti delle rispettive competenze, di intervenire e condannare la legge ungherese che consente all’esecutivo ungherese di prolungare lo stato di emergenza a tempo indeterminato e di governare per decreto senza limiti, nonché la modifica della legge elettorale che impone ai cittadini polacchi la modalità di voto tramite posta, al fine di svolgere le elezioni presidenziali nel mezzo della pandemia[6].
L’auspicio è che l’invito a valutare la compatibilità di tali comportamenti per mezzo degli artt. 258 TFUE e 7 TUE, trovi questa volta seguito. Altrimenti, sarà solo l’ennesimo ruggito di una “tigre di carta”.
Consapevole che la pandemia possa fungere da catalizzatore di ulteriori riforme illiberali e comportamenti in violazione dei diritti umani (leggi, per tutti, LGBTI in Ungheria), il Parlamento ha anche rammentato che la gestione dell’emergenza da parte delle autorità nazionali deve essere improntata al principio di proporzionalità e che le libertà garantite dalla Carta dei diritti fondamentali non devono essere sospese. Invero, come la stessa Carta precisa[7], «possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui»[8].
Infine, merita un accenno la richiesta di concludere un accordo inter-istituzionale, ai sensi dell’art. 295 TFUE, per il varo di procedure di monitoraggio a difesa della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali negli Stati membri (c.d. meccanismo DSD). Non è la prima volta che il Parlamento formula una proposta del genere agli attori del triangolo istituzionale [v. la risoluzione del 10 ottobre 2016 recante raccomandazioni alla Commissione sull’istituzione di un meccanismo dell’UE in materia di democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali, (2015/2254(INL)].
Se è vero che l’accordo è diretto a favorire lo sviluppo di un fattore positivo quale il dialogo interistituzionale (va in questa direzione la pubblicazione di un rapporto annuale sullo stato dell’arte del rispetto di tali diritti), parte della dottrina ha giustamente osservato come esso non sembra introdurre strumenti decisivi[9].
Oltretutto, la Commissione ha già ufficializzato la pubblicazione, nei prossimi mesi, del primo report annuale sul rispetto della Rule of Law nell’Unione europea[10]. Il rischio è quello di moltiplicare gli strumenti a tutela dei valori, il che non sempre conduce ad una moltiplicazione del grado di tutela stessa, ma anzi causa una sovrapposizione che produce unicamente scivolosità e incertezza.
4. Significativa, poi, è l’attenzione che la risoluzione dedica all’azione esterna, alla diplomazia ed alla cooperazione internazionale.
Il Parlamento europeo, infatti, invita le istituzioni dell’Unione ad agire attraverso una strategia globale che assicuri organicità e coerenza tra i vari settori dell’azione esterna e tra questi e le altre politiche, attraverso la cooperazione tra Consiglio e Commissione[11]. Obiettivo dell’Unione, pertanto, deve essere quello di adattarsi rapidamente ad un contesto geopolitico internazionale in continuo divenire, senza mai tralasciare la promozione e la salvaguardia della democrazia, del rispetto dei diritti umani, dello Stato di diritto – e di tutti gli altri valori fondamentali previsti dai Trattati – tanto all’interno quanto all’esterno dei propri confini.
In tale cornice normativa, si sottolinea innanzitutto l’importanza di una lotta contro la disinformazione, la diffusione di fake news e gli attacchi informatici, che giungono da enti statali e parastatali cinesi e russi con la deliberata intenzione di seminare sfiducia nelle istituzioni comunitarie e minare l’Unione europea al suo interno[12]. Data l’incidenza negativa che l’infodemia[13] sta generando tra gli Stati membri, la risoluzione esorta la Commissione ad approntare un piano strategico mirato a far conoscere in modo efficace il supporto finanziario, tecnico e medico dell’Unione, così da assicurarsi un ruolo da attore globale affidabile e responsabile nel panorama internazionale[14].
In secondo luogo, il Parlamento insiste sull’importanza della politica commerciale comune come naturale proiezione esterna del mercato interno, sottolineando che le misure di autorizzazione alle esportazioni devono sempre essere mirate, proporzionate, trasparenti e soprattutto temporanee, non dovendo in alcun caso trasformarsi de facto in divieti alle esportazioni. Essenziale, poi, è lo sforzo che l’Unione – di comune accordo con l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – deve mettere in campo per ridurre al minimo le interruzioni delle cd. “catene globali del valore”. Si invitano a tal riguardo tutti gli Stati a sottoscrivere l’Accordo sull’eliminazione dei dazi sui medicinali (cd. double zero agreement[15]) e ad estendere il suo campo d’applicazione a tutti i prodotti farmaceutici e medicinali così da garantire scambi transfrontalieri a livello mondiale.
Ancora, il documento si sofferma sull’importanza della cooperazione internazionale a livello dell’Unione, soprattutto nel quadro di una politica europea di buon vicinato (PEV, art. 8 TUE) che si sviluppa per mezzo di “relazioni privilegiate” con i paesi limitrofi quali i paesi dei Balcani occidentali, dell’Est europeo e del Mediterraneo. Nel procedere in tal senso, si ipotizza – ad esempio – una loro inclusione nel Fondo di solidarietà dell’Unione (FSUE)[16] e l’esenzione temporanea dalle misure di autorizzazione all’esportazione per il materiale medico-sanitario.
Infine, si sottolinea l’importanza di coordinare gli sforzi a livello globale per contrastare i drastici effetti della crisi da COVID-19, invitando la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri a sostenere politicamente e finanziariamente le iniziative dell’ONU e delle sue agenzie specializzate, in particolar modo per aiutare i paesi in via di sviluppo (PVS) [17]. Esemplare in tal senso è stato lo stanziamento di 20 miliardi di euro per la lotta contro la pandemia nei paesi terzi partner dell’Unione (cd. Team Europe)[18].
La risoluzione evidenzia, da ultimo, come l’Unione possa giocare, in tale circostanza, un ruolo cruciale come attore globale nel sistema di aiuti internazionali, promuovendo e coordinando una risposta multilaterale, con la collaborazione dell’ONU e del Fondo Monetario Internazionale.
5. La risoluzione dimostra che, ancora una volta, il Parlamento ha battuto un colpo efficace e repentino. Tuttavia gli sforzi dei parlamentari europei saranno stati vani – e con essi, l’idea di una risposta integrata dell’Unione – se gli organi intergovernativi anteporranno unicamente (e ciecamente) il proprio tornaconto al bene comune europeo.
* Dottorandi di ricerca in Diritto dell’Unione europea, Università degli Studi di Napoli “Parthenope”.
[1] Con riferimento all’azione coordinata dell’Unione in materia sanitaria, v. P. De Pasquale, La pandemia di Covid-19: il coordinamento alla prova dei fatti, in comparativecodivlaw.it, 18 aprile 2020.
[2] Per un primo commento, si rinvia a G. Fiengo, Le misure di contenimento della diffusione del COVID-19: la sospensione dell’accordo di Schengen, in comparativecovidlaw.it, 29 marzo 2020.
[3] Cfr. COM(2020) 112 final, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, alla Banca europea per gli investimenti e all’Eurogruppo relativa a una “Risposta economica coordinata all’emergenza COVID-19”, del 13 marzo 2020; COM(2020)115 final Comunicazione della Commissione europea al Parlamento europeo, al Consiglio e al Consiglio europeo su “COVID-19: restrizione temporanea dei viaggi non essenziali verso l’UE”, del 16 marzo 2020, su cui, peraltro, v. Conclusioni del Presidente del Consiglio europeo del 17 marzo 2020, in https://www.consilium.europa.eu.; COM(2020) 123 final, Comunicazione della Commissione al Consiglio sull’attivazione della clausola di salvaguardia generale del patto di stabilità e crescita, del 20 marzo 2020; COM(2020) 1863 final, Comunicazione della Commissione europea sul “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’emergenza del COVID-19”, del 19 marzo 2020. Per un primo commento, si rinvia a A. Correra, COVID-19: la Commissione UE annuncia il “wthatever it takes”, ma non troppo, in I Post di AISDUE, II (2020), Sezione “Coronavirus e diritto dell’Unione”, n. 1, 1° aprile 2020.
[4] Cfr. comunicazione della Commissione europea sugli “Orientamenti della Commissione europea sull’utilizzo del quadro in materia di appalti pubblici nella situazione di emergenza connessa alla crisi della Covid-19”, in GU C 108 del 1° aprile 2020, p. 1.
[5][5] Per approfondimenti, si rinvia a C. Pesce, Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP): contenuti, finalità, basi giuridiche dell’azione monetaria UE, in I Post di AISDUE, II (2020), Sezione “Coronavirus e Unione”, n. 5, 16 aprile 2020, p. 39 ss.
[6] Per un approfondimento sulla questione, sia consentito rimandare a G. Fiengo, A. Circolo, Il rispetto della rule of law al tempo del COVID-19: gli inquietanti provvedimenti adottati in Ungheria e la nuova legge elettorale polacca, in comparativecovidlaw.it, 10 aprile 2020.
[7] Cfr. il corrispondente art. 15, par. 1, CEDU: «In caso di guerra o in caso di altro pericolo pubblico che minacci la vita della nazione, ogni Alta Parte contraente può adottare delle misure in deroga agli obblighi previsti dalla presente Convenzione, nella stretta misura in cui la situazione lo richieda e a condizione che tali misure non siano in conflitto con gli altri obblighi derivanti dal diritto internazionale».
[8] Art. 52, par. 1. Tali limitazioni devono comunque essere previste dalla legge, rispettare il contenuto essenziale dei diritti e delle libertà previsti dalla Carta e rispettare il principio di proporzionalità.
[9] Di questo avviso, E. Cannizzaro, Il ruolo della Corte di giustizia nella tutela dei valori dell’Unione europea, in Liber Amicorum Antonio Tizzano. De la Cour CECA à la Cour de l’Union: le long parcours de la justice européenne, Torino, 2018.
[10] European Commission, DG Justice and Consumers, Unit C.1, Justice Policy and Rule of Law Record, The annual rule of law report monitors significant developments relating to the rule of law in all Members States. Targeted stakeholder consultation for the 2020 Rule of Law Report, reference: DPR-EC-01011.1, in ec.europa.eu/info/policies/justice-and-fundamental-rights/upholding-rule-law/rule law/rule-law-report_en, 23rd March 2020.
[11] Cfr. art. 15, par. 3, co. 2 TUE: «L’Unione assicura la coerenza tra i vari settori dell’azione esterna e tra questi e le altre politiche. Il Consiglio e la Commissione, assistiti dall’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, garantiscono tale coerenza e cooperano a questo fine». È interessante notare che le attribuzioni conferite congiuntamente al Consiglio ed alla Commissione nei Trattati hanno fatto parlare in dottrina di un “esecutivo bicefalo”. Così T. Ballarino, Manuale di diritto dell’Unione europea, (2001), pp. 57 ss. citato in A. Tizzano (a cura di), Trattati dell’Unione europea, (2014), p. 174.
[12] Per difendersi dalle campagne di propaganda attribuite al Cremlino, il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) ha creato EUvsDisinfo, un progetto che mira a far sviluppare consapevolezza e senso critico nei cittadini europei così da renderli preparati contro la manipolazione dei mezzi d’informazione e la diffusione di notizie false. L’iniziativa fa parte della East Strategic Communication Task Force, varata nell’ambito della PESC (artt. 23 ss. TUE) dando seguito alle Conclusioni del Consiglio Europeo del 19-20 marzo 2015.
[13] L’infodemia è la circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili. Dall’inglese infodemic, a sua volta composto da info(rmation) ed (epi)demic. Cfr. Treccani.it (2020).
[14] Un’adeguata strategia comunicativa degli interventi a sostegno degli Stati membri maggiormente colpiti dalla pandemia è fondamentale per accrescere il soft power di uno Stato in quella che è stata definita la cd. “diplomazia del coronavirus”. È sotto gli occhi di tutti l’ampia pubblicità data all’invio in Italia di personale medico e dispositivi sanitari da parte di grandi potenze (Pechino e Mosca) e piccoli Stati (l’Avana e Tirana). Viceversa, in senso negativo, si pensi al danno che può causare – in termini economici e politici – una dichiarazione improvvida come quella della presidente della BCE Christine Lagarde all’indomani dello scoppio dell’emergenza sanitaria.
[15] L’accordo sull’eliminazione dei dazi sui medicinali (Pharmaceutical Tariff Elimination Agreement) è un’intesa non vincolante tra i principali paesi produttori di farmaci per azzerare i loro dazi consolidati nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) su alcuni prodotti farmaceutici, inclusi i principi attivi e i prodotti intermedi.
[16] Il Fondo di solidarietà dell’Unione europea – istituito con il regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio dell’11 novembre 2002 – permette all’UE di fornire un efficace sostegno a uno Stato membro o a un paese in via di adesione quando deve affrontare i danni causati da gravi catastrofi naturali. Sul tema, si veda C. Rapoport, Les accords de stabilisation et d’association, instrument de stabilisation et pré‐adhésion, in Vers l’élargissement de l’Union européenne à l’Europe du Sud-Est (2007).
[17] Tra i tanti esempi di intervento, si fa riferimento in particolare al “Piano di risposta umanitaria globale alla COVID-19” ed al “Fondo per la risposta e la ripresa dalla COVID-19” da 2 miliardi di dollari.
[18] Obiettivo del programma “Team Europe” è quello di combinare risorse dell’Unione, degli Stati membri e delle istituzioni finanziarie europee (come la Banca Europea per gli Investimenti e la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo) al fine di aiutare i paesi più vulnerabili in Africa, in Medioriente, in Asia e nel Pacifico, in America Latina e nei Caraibi. Il programma si propone di intervenire, nel breve periodo, rispondendo all’emergenza sanitaria globale e mitigando le conseguenze socio-economiche della crisi; e, nel lungo periodo, rinforzando le infrastrutture idriche ed il sistema sanitario di questi paesi.
Commento veramente ben scritto.
Il linguaggio è comprensibile anche per chi, come me, non è un giurista.
Il contenuto è ricco e magistralmente esposto.
Complimenti!